Generale

De Gregori

Generale, dietro la collina,
ci sta la notte crucca e assassina.
E in mezzo al prato c'è una contadina
curva sul tramonto sembra una bambina.
Di cinquant'anni e di cinque figli,
partiti al mondo come conigli.
Partiti al mondo come soldati
e non ancora tornati.
Generale dietro la stazione.
Lo vedi il treno che portava al sole,
non fa più fermate neanche per pisciare.
Si va dritti a casa senza più pensare,
che la guerra è bella anche se fa male.
Che torneremo ancora a cantare
e a farci fare l'amore, l'amore dalle infermiere.
Generale la guerra è finita.
Il nemico è scappato, è vinto, è battuto.
Dietro la collina non c'è più nessuno,
solo aghi di pino e silenzio e funghi.
Buoni da mangiare, buoni da seccare,
da farci il sugo quando viene Natale.
Quando i bambini, piangono e a dormire
non ci vogliono andare.
Generale, queste cinque stelle.
Queste cinque lacrime sulla mia pelle,
che senso hanno dentro al rumore
di questo treno?
Che è mezzo vuoto e mezzo pieno
e va veloce verso al ritorno.
Tra due minuti è quasi giorno, è quasi casa,
è quasi amore.

Natale

De Gregori

C'è la luna sui tetti
c'è la notte per strada.
Le ragazze ritornano in Tram.
Ci scommetto che nevica,
tra due giorni è Natale,
ci scommetto dal freddo che fa.
E da dietro a una porta
sento uno che sale.
Ma si ferma due piani più giù,
è un peccato davvero,
ma io già lo sapevo,
che comunque non potevi esser tu.
E tu scrivimi, scrivimi
se ti viene la voglia.
E raccontami quello che fai.
Se cammini nel mattino
e ti addormenti la sera.
E se dormi, che dormi?
E che sogni che fai.
E tu scrivimi, scrivimi
per il bene che conti.
Per i conti che non tornano mai
Se ti scappa un sorriso
e ti si ferma sul viso
quell'allegra tristezza che c'hai.
Qui la gente va veloce
ed il tempo passa piano.
Come un treno dentro a una galleria.
tra due giorni è Natale,
non va bene e non va male,
buonanotte, torna presto e cosi sia.
E tu scrivimi, scrivimi
se ti torna la voglia,
e raccontami quello che fai.
Se cammini nel mattino
e ti addormenti alla sera
e se dormi che dormi e che sogni che fai.

L'impiccato

De Gregori

Uno l'hanno preso ieri sera,
giovane, giovane.
Figlio di buona donna era,
figlio di buona donna e pure ladro,
con un sorriso tutto denti di cane,
si nascondeva dietro una serie di "che ne so".
Poi ne hanno preso un altro,
padre di famiglia, faccia scura, scura,
vestito grigio, camicia, cravatta
sguardo perduto all'arrivo in questura.
Il terzo, accusato di oltraggio,
non fece in tempo ad aprire la bocca che
un pugno lo mise a sedere.
Allora chiese una sigaretta e confessò in fretta
tutto quello che il Commissario voleva sapere.
Il quarto si chiamava Tommaso
e pregava e piangeva.
Chiese di telefonare all'avvocato,
ma l'avvocato non rispondeva.
Il quinto venne assunto in galera
per un indizio da niente,
venne assunto in galera.
Il quinto venne assunto in galera
per un indizio da poco
e fu crocifisso col ferro e col fuoco.
Forse per un errore, forse perché era stato scoperto,
forse un'implicita confessione
o soltanto lo sconforto.
Tutti si domandarono di che segno era il morto.

Babbo in prigione

De Gregori

Stella guarda la luna,
la luna guarda Stella.
La notte è bella
è bella e profumata
di aranciata e di menta.
Stella è contenta,
che babbo se ne è andato.
Che babbo è via lontano.
E mamma lava i piatti e canta piano.

Renoir

De Gregori

Gli aerei stanno al cielo,
come le navi al mare.
Come il sole all'orizzonte la sera,
com'è vero che non voglio tornare.
A una stanza vuota e tranquilla,
dove aspetto un amore lontano.
E mi pettino i pensieri,
col bicchiere nella mano.
Chi di voi l'ha vista partire,
dica pure che stracciona era.
Quanto vento aveva nei capelli,
se rideva o se piangeva.
La mattina che prese il treno
era seduta accanto al finestrino.
Vide passare l'Italia i suoi piedi,
giocando a carte col suo destino.
Ora i tempi si sa che cambiano,
passano e tornano tristezza e amori.
Da qualche parte c'è una casa più calda,
sicuramente esiste un uomo migliore.
Io nel frattempo ho scritto altre canzoni,
di lei parlano raramente,
ma non è vero che io l'abbia perduta,
dimenticata, come dice la gente

Il '56

De Gregori

A guardare nei ricordi sembra ancora ieri,
che salivo su una sedia per guardare i treni.
Da dietro a una finestra un cortile grande
un bambino, un bambino.
Mio fratello che studiava lingua misteriose,
in ginocchio su una sedia coi capelli corti.
Eravamo forse solo nel '56,
un bambino, un bambino.
E tutto mi sembrava andasse bene,
e tutto mi sembrava andasse bene.
Tra me e le mie parole,
tra me e le mie parole,
e la mia anima.
Il Natale allora si, che era una festa vera,
cominciavo ad aspettarlo quattro mesi prima,
i regali mi duravano una settimana,
un bambino, un bambino.
Mi ricordo le fotografie dei carri armati,
io passavo i pomeriggi a ritagliarle,
a incollarle sopra pezzi di cartone,
un bambino, un bambino.
E tutto mi sembrava andasse bene,
e tutto mi sembrava andasse bene.
Tra me e le mie parole,
tra me e le mie parole,
e la mia anima.

La Campana

De Gregori

La campana ha suonato tutto il giorno,
laddove i cani hanno abbaiato.
Io ho pianto lacrime fino all'osso,
lacrime e tosse sul selciato.
Incollato sull'asfalto della strada,
mai stato così lontano
dalla dolcezza a cui tutti hanno diritto.
Io con un fascio di giornali in mano,
e con un fascio di giornali in mano pensavo
si può anche morire di dolore.
I miei amici, lo sai, sono tutti schedati.
I miei amici, lo sai, sono tutti in galera.
E avevo in testa una fontana,
una pioggia sottile di pensieri cattivi.
Mentre la gente seduta al tavolino,
conta il tempo con gli aperitivi.
E io inchiodato sulla strada pensavo,
ma tutto questo deve pure finire.
E camminavo come un uomo tranquillo,
e sotto questo grande cielo azzurro,
finalmente mi sentivo un uomo solo.
I miei amici, lo sai, sono tutti schedati.
I miei amici, lo sai, sono tutti in galera,
sono tutti segnati, sono tutti fregati, sono tutti schedati.

Raggio di sole

De Gregori

Benvenuto, raggio di sole, a questa terra di terra e sassi
a questi laghi bianchi come la neve sotto i tuoi passi
A questo amore, a questa distrazione, a questo Carnevale,
dove nessuno ti vuole bene, dove nessuno ti vuole male.
A questa musica che non ha orecchi,
a questi libri senza parole.
Benvenuto raggio di sole, avrai matite per giocare,
e un bicchiere per bere forte
e un bicchiere per bere piano,
un sorriso per difenderti
e un passaporto per andare via lontano.
Benvenuto a questa finestra, a questo cielo sereno,
a tutti i clacson della mattina
a questo mondo già troppo pieno.
A questa strana ferrovia unica al mondo per dove può andare,
ti porta dove tira il vento,
ti porta dove scegli di tornare.
A questa luna tranquilla, che si siede dolcemente,
in mezzo al mare che qualche nuvola ma non fa niente.
Perché lontano passa una nave,
tutte le luci accese,
benvenuto figlio di nessuno a questo paese.

Due zingari

De Gregori

Ecco stasera mi piace così,
con queste stelle appiccicate al cielo.
La lama del coltello nascosta nello stivale,
il tuo sorriso, trentadue perle.
Cosi disse il ragazzo,
nella mia vita non ho mai avuto fame
e non ricordo sete di acqua o di vino.
Ho sempre corse libero, felice come un cane.
Tra la campagna e la periferia
e chissà da dove venivano i miei
dalla Sicilia o dall'Ungheria.
Avevano occhi veloci come il vento,
leggevano la musica,
leggevano la musica nel firmamento.
Rispose la ragazza: ho tredici anni,
trenta due perle nella notte.
E se potessi ti sposerei per avere dei figli
con le scarpe rotte.
Girerebbero  questa ed altre città
questa ed altre città
a costruire giostre e a vagabondare
ma adesso è tardi, anche per chiacchierare.
E due zingari stavano appoggiati alla notte
forse mano nella mano e si tenevano negli occhi.
Aspettavano il sole del giorno dopo,
senza guardare niente.
Sull'autostrada accanto al campo,
le macchine passano velocemente.
E gli autotreni mangiano chilometri,
sicuramente vanno molto lontano.
Gli autisti si fermano e poi ripartono,
dicono: c'è nebbia, bisogna andare piano.
Si lasciano dietro, si la sciano dietro
un sogno metropolitano.

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