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Generale, dietro la collina, ci sta la notte crucca e assassina. E in mezzo al prato c'è una contadina curva sul tramonto sembra una bambina. Di cinquant'anni e di cinque figli, partiti al mondo come conigli. Partiti al mondo come soldati e non ancora tornati. Generale dietro la stazione. Lo vedi il treno che portava al sole, non fa più fermate neanche per pisciare. Si va dritti a casa senza più pensare, che la guerra è bella anche se fa male. Che torneremo ancora a cantare e a farci fare l'amore, l'amore dalle infermiere. Generale la guerra è finita. Il nemico è scappato, è vinto, è battuto. Dietro la collina non c'è più nessuno, solo aghi di pino e silenzio e funghi. Buoni da mangiare, buoni da seccare, da farci il sugo quando viene Natale. Quando i bambini, piangono e a dormire non ci vogliono andare. Generale, queste cinque stelle. Queste cinque lacrime sulla mia pelle, che senso hanno dentro al rumore di questo treno? Che è mezzo vuoto e mezzo pieno e va veloce verso al ritorno. Tra due minuti è quasi giorno, è quasi casa, è quasi amore.
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C'è la luna sui tetti c'è la notte per strada. Le ragazze ritornano in Tram. Ci scommetto che nevica, tra due giorni è Natale, ci scommetto dal freddo che fa. E da dietro a una porta sento uno che sale. Ma si ferma due piani più giù, è un peccato davvero, ma io già lo sapevo, che comunque non potevi esser tu. E tu scrivimi, scrivimi se ti viene la voglia. E raccontami quello che fai. Se cammini nel mattino e ti addormenti la sera. E se dormi, che dormi? E che sogni che fai. E tu scrivimi, scrivimi per il bene che conti. Per i conti che non tornano mai Se ti scappa un sorriso e ti si ferma sul viso quell'allegra tristezza che c'hai. Qui la gente va veloce ed il tempo passa piano. Come un treno dentro a una galleria. tra due giorni è Natale, non va bene e non va male, buonanotte, torna presto e cosi sia. E tu scrivimi, scrivimi se ti torna la voglia, e raccontami quello che fai. Se cammini nel mattino e ti addormenti alla sera e se dormi che dormi e che sogni che fai.
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Uno l'hanno preso ieri sera, giovane, giovane. Figlio di buona donna era, figlio di buona donna e pure ladro, con un sorriso tutto denti di cane, si nascondeva dietro una serie di "che ne so". Poi ne hanno preso un altro, padre di famiglia, faccia scura, scura, vestito grigio, camicia, cravatta sguardo perduto all'arrivo in questura. Il terzo, accusato di oltraggio, non fece in tempo ad aprire la bocca che un pugno lo mise a sedere. Allora chiese una sigaretta e confessò in fretta tutto quello che il Commissario voleva sapere. Il quarto si chiamava Tommaso e pregava e piangeva. Chiese di telefonare all'avvocato, ma l'avvocato non rispondeva. Il quinto venne assunto in galera per un indizio da niente, venne assunto in galera. Il quinto venne assunto in galera per un indizio da poco e fu crocifisso col ferro e col fuoco. Forse per un errore, forse perché era stato scoperto, forse un'implicita confessione o soltanto lo sconforto. Tutti si domandarono di che segno era il morto.
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Stella guarda la luna, la luna guarda Stella. La notte è bella è bella e profumata di aranciata e di menta. Stella è contenta, che babbo se ne è andato. Che babbo è via lontano. E mamma lava i piatti e canta piano.
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Gli aerei stanno al cielo, come le navi al mare. Come il sole all'orizzonte la sera, com'è vero che non voglio tornare. A una stanza vuota e tranquilla, dove aspetto un amore lontano. E mi pettino i pensieri, col bicchiere nella mano. Chi di voi l'ha vista partire, dica pure che stracciona era. Quanto vento aveva nei capelli, se rideva o se piangeva. La mattina che prese il treno era seduta accanto al finestrino. Vide passare l'Italia i suoi piedi, giocando a carte col suo destino. Ora i tempi si sa che cambiano, passano e tornano tristezza e amori. Da qualche parte c'è una casa più calda, sicuramente esiste un uomo migliore. Io nel frattempo ho scritto altre canzoni, di lei parlano raramente, ma non è vero che io l'abbia perduta, dimenticata, come dice la gente
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A guardare nei ricordi sembra ancora ieri, che salivo su una sedia per guardare i treni. Da dietro a una finestra un cortile grande un bambino, un bambino. Mio fratello che studiava lingua misteriose, in ginocchio su una sedia coi capelli corti. Eravamo forse solo nel '56, un bambino, un bambino. E tutto mi sembrava andasse bene, e tutto mi sembrava andasse bene. Tra me e le mie parole, tra me e le mie parole, e la mia anima. Il Natale allora si, che era una festa vera, cominciavo ad aspettarlo quattro mesi prima, i regali mi duravano una settimana, un bambino, un bambino. Mi ricordo le fotografie dei carri armati, io passavo i pomeriggi a ritagliarle, a incollarle sopra pezzi di cartone, un bambino, un bambino. E tutto mi sembrava andasse bene, e tutto mi sembrava andasse bene. Tra me e le mie parole, tra me e le mie parole, e la mia anima.
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La campana ha suonato tutto il giorno, laddove i cani hanno abbaiato. Io ho pianto lacrime fino all'osso, lacrime e tosse sul selciato. Incollato sull'asfalto della strada, mai stato così lontano dalla dolcezza a cui tutti hanno diritto. Io con un fascio di giornali in mano, e con un fascio di giornali in mano pensavo si può anche morire di dolore. I miei amici, lo sai, sono tutti schedati. I miei amici, lo sai, sono tutti in galera. E avevo in testa una fontana, una pioggia sottile di pensieri cattivi. Mentre la gente seduta al tavolino, conta il tempo con gli aperitivi. E io inchiodato sulla strada pensavo, ma tutto questo deve pure finire. E camminavo come un uomo tranquillo, e sotto questo grande cielo azzurro, finalmente mi sentivo un uomo solo. I miei amici, lo sai, sono tutti schedati. I miei amici, lo sai, sono tutti in galera, sono tutti segnati, sono tutti fregati, sono tutti schedati.
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Benvenuto, raggio di sole, a questa terra di terra e sassi a questi laghi bianchi come la neve sotto i tuoi passi A questo amore, a questa distrazione, a questo Carnevale, dove nessuno ti vuole bene, dove nessuno ti vuole male. A questa musica che non ha orecchi, a questi libri senza parole. Benvenuto raggio di sole, avrai matite per giocare, e un bicchiere per bere forte e un bicchiere per bere piano, un sorriso per difenderti e un passaporto per andare via lontano. Benvenuto a questa finestra, a questo cielo sereno, a tutti i clacson della mattina a questo mondo già troppo pieno. A questa strana ferrovia unica al mondo per dove può andare, ti porta dove tira il vento, ti porta dove scegli di tornare. A questa luna tranquilla, che si siede dolcemente, in mezzo al mare che qualche nuvola ma non fa niente. Perché lontano passa una nave, tutte le luci accese, benvenuto figlio di nessuno a questo paese.
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Ecco stasera mi piace così, con queste stelle appiccicate al cielo. La lama del coltello nascosta nello stivale, il tuo sorriso, trentadue perle. Cosi disse il ragazzo, nella mia vita non ho mai avuto fame e non ricordo sete di acqua o di vino. Ho sempre corse libero, felice come un cane. Tra la campagna e la periferia e chissà da dove venivano i miei dalla Sicilia o dall'Ungheria. Avevano occhi veloci come il vento, leggevano la musica, leggevano la musica nel firmamento. Rispose la ragazza: ho tredici anni, trenta due perle nella notte. E se potessi ti sposerei per avere dei figli con le scarpe rotte. Girerebbero questa ed altre città questa ed altre città a costruire giostre e a vagabondare ma adesso è tardi, anche per chiacchierare. E due zingari stavano appoggiati alla notte forse mano nella mano e si tenevano negli occhi. Aspettavano il sole del giorno dopo, senza guardare niente. Sull'autostrada accanto al campo, le macchine passano velocemente. E gli autotreni mangiano chilometri, sicuramente vanno molto lontano. Gli autisti si fermano e poi ripartono, dicono: c'è nebbia, bisogna andare piano. Si lasciano dietro, si la sciano dietro un sogno metropolitano.
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