Siamo lieti di poter riservare agli affezionati visitatori del RimmelClub gli inediti del libro "Quello che non so, lo so cantare" di Enrico Deregibus. Grazie alla disponibilità dell'autore, possiamo oggi leggere gli spezzoni che per motivi "editoriali" non hanno trovato spazio nell'edizione "cartacea". Si tratta per lo più di opinioni di altri artisti nei confronti di De Gregori, come d'altronde abbiamo già fatto nello speciale "Dicono di lui", ma è doveroso dedicare uno spazio apposito all'opera di Deregibus.

Enrico Ruggeri

E’ uno dei pochi che ho sempre seguito. Trovo che lui sia assolutamente uno da prima fascia. Oltretutto mentre in altri casi la creatività degli inizi non si è più ripetuta in De Gregori secondo me avviene quasi il contrario. Preferisco ‘La valigia dell’attore’ o ‘Il cuoco di Salò’ alle prime cose che faceva. C’è un percorso di ricerca che non si riscontra in altri cantautori, i quali dopo i primi due o tre album sono andati in discesa quasi verticale.


Riccardo Tesi

Entrambi abbiamo militato, in periodi diversi, nel gruppo di Caterina Bueno ma purtroppo non ho mai avuto la fortuna di incontrarlo. Ho scoperto Francesco De Gregori all'epoca del suo primissimo album (quello con Alice) e da allora è sempre rimasto tra i miei cantautori preferiti, insieme a Fossati, Guccini e De Andrè: da ragazzo sono stato un suo fan accanito e conoscevo tutte le sue canzoni sulla chitarra, da qualche parte conservo ancora le foto di un suo spettacolo in solo, bellissimo, al Teatro Manzoni di Pistoia. Adoro i suoi testi per le immagini poetiche e per lo spazio di interpretazione che lasciano all'ascoltatore, ha scritto pagine davvero memorabili. E trovo che realizzando il Fischio del Vapore abbia dimostrato un grande coraggio e reso un servizio importante alla canzone popolare italiana.


Marco Ongaro

Quando gli ho dato il mio cd Dio è altrove chiedendogli se l'avrebbe ascoltato mi ha risposto fissandomi allegramente negli occhi: "Non solo ti ascolto, ma ti copio anche!". Splendida ribalderia di un genio che conosce i mille travasi della cultura.


Samuele Bersani

Mi piace molto, anche se non credo di aver preso da lui più che da altri. Un pezzo suo che mi rimane particolarmente impresso è “La leva calcistica della classe ‘68”.


Max Manfredi

Quando uscirono i suoi primi dischi sentivo le canzoni alla radio. Erano bei tempi, da un punto di vista strettamente radiofonico. Si sentiva della buona musica. Ero molto attento a quello che succedeva nel campo della canzone italiana, io stesso avevo cominciato da qualche anno a fare canzoni, ed ero curioso ed entusiasta.

A scuola qualcuno ogni tanto non capiva qualche frase delle canzoni di De Gregori. Qualcuno di quelli che lo ascoltava, si capisce. Così alcune frasi venivano interpretate in maniera fantasiosa. Ad esempio le "fotografie virate seppia" di una sua nota canzone diventavano fotografie di rare sedie, o di rane vecchie, o di rane secche. Anche questo fa parte della vitalità di una canzone. Oppure "le navi di Pierino" (Bene) diventavano "le mani ed il violino erano carta di giornale...", un'immagine vagamente alla Chagall.

Il primo periodo di Francesco De Gregori mi ricorda questa bella radio (affiancata, non so se già o dopo, dalle tante radio libere che trasmettevano buona musica e ciarle non disumane). Sentivo anche Guccini, Vecchioni, Lolli, Ciampi, Paolo Conte, Alan Sorrenti... Ogni volta era una bella sorpresa. Non ci voleva molto a beccare una canzone emozionante. A volte, vere rivelazioni.

Poi vennero le radio commerciali.


Mirco Menna

Posso raccontare di quando ho messo su "Due zingari" a far da colonna sonora la prima volta che ho fatto l'amore. Oppure delle sue canzoni che stavano nel repertorio familiare di quando bisognava andare a letto, carosello non si sa cos'è però papà vi canta una canzone, due vabbè e poi a dormire...


Carmen Consoli

Mi piacciono tutti quei compositori come De Gregori che esprimono concetti in maniera autentica e raccontano delle cose. Cantautori: mi piace molto questa parola. De Gregori ha sempre avuto dei testi importanti e affascinanti, è un autore a cui mi sono avvicinata interessata al suo linguaggio, ai suoi preziosismi linguistici e anche di contenuto. Mi piace il suo modo di narrare.


Gianmaria Testa

Per me De Gregori ha rappresentato tantissimo fino ad un certo momento. C’è una sua canzone che canto ancora adesso per me stesso ed è “L’uccisione di Babbo Natale”. Perché ho sempre pensato che uno che avesse avuto voglia di mettere in musica quel momento che per un bambino è drammatico cioè rappresenta la fine dei sogni. Quando ad un certo punto ti dicono “no, guarda non è Babbo Natale è tuo padre che viene di notte”. A me è successo. Ho aspettato luglio per dirlo ai miei figli per dirle “prima che voi cominciate le elementari visto che ve lo diranno, ve lo dico io”. 

Mi hanno detto “ma figurati!”. Non ci hanno creduto. Non hanno voluto crederci. Io trovo che De Gregori abbia colto perfettamente quella cosa lì. Poi metaforicamente può essere la fine dei sogni, quel che vuoi. Questa è una canzone che mi ha sempre colpito, più di altre più conosciute. Certamente è stato un cantautore molto importante ma a parte questa io ho cantato “Cercando un altro Egitto”, “La casa di Hilde”, “Niente da capire”. Le prime sono legate al momento in cui io ho iniziato a suonare la chitarra. Ultimamente lo ascolto di meno. “Titanic” forse è l’ultimo suo disco che ho sentito veramente bene ed è anche forse l’ultimo tentativo che è stato fatto in Italia di fare un album concept. Ho trovato che lui e De André siano veramente riusciti a fare questo lavoro.


Raffaella Misiti (Acustimantico)

Che dire su De Gregori....che fa parte della mia formazione, in senso musicale (è forse il cantautore che ascoltavo di più nei primissimi anni di attività musicale) ma soprattutto personale, quando cantavo con gli amici tra i banchi dell'università occupata, "...e qualcosa rimane tra le pagine chiare e le pagine scure" , che resta per me un verso vivido come una fotografia, evocativo come un diapason capace di accordare lo strumento della memoria...nei momenti bui, un brano come “Rimmel” mi ricorda che ho avuto vent'anni e che la musica era già con me...e poi scatta la lacrimuccia!


Pinomarino

" ... guarda che belli i fiori in quella città, che mai m'ha visto e mai nemmeno mi vedrà " ... mi pare si dica di un colesterolo buono e di uno cattivo, così come sono abbastanza certo si possa dire di una deriva buona, prevista di fatto in natura e di una cattiva, proposta dai vantaggiosi richiami di una mediocrità fatta stato, governo, dominio, azienda, marketing, guida sociale e stile di vita. In questo secondo tipo di deriva, capita di assistere al precipitoso deperimento dell'etica e del rispetto, fosse anche e solo quello delle proprie idee. La coerenza allora diventa un bene prezioso, quando non si trasforma in dogma, e la coerenza artistica oltre ad essere un significato opportuno da attribuire al caro maestro, è anche il cardine su cui muove la stima, il conforto, il confronto ed il compenso delle persone che lo hanno sempre seguito. Non che io sia contrario al festival dei fiori, ma certamente chi è in grado di mantener fede ad un concetto dato non solo per dire, merita oggi come oggi di averne il merito, pensa un po’. Per chiudere, mi permetto una seconda e meno blasonata citazione: “Non bastano i fiori”, che a molti può non dire nulla, ma non è grave.


Vinicio Capossela

Ho sentito i suoi dischi e dal punto di vista dell’immaginario ci sono cose che colpiscono il mio stesso immaginario. Intanto questa propensione per la storia, la storia che non riguarda solo noi ma la storia in generale. E poi per le divise, per i generali, per le guerre, per i treni. E anche una certa propensione al western. Trovo che ci siano molte cose comuni che naturalmente trattiamo con due modi diversi, come una sorgente unica che poi prende due rifrazioni molto diverse. Per esempio anche “Titanic”, tutta la storia del transatlantico, i muscoli di metallo del capitano, la nebbia. Insomma abbiamo una comune inclinazione per le divise e per i transatlantici.


Cristiano De Andrè

Ricordo i pezzi di Rimmel che Francesco ha scritto a casa mia, li avevo ascoltati in anteprima. Credo di essere stato in assoluto il primo a sentire Buonanotte fiorellino. E’ un pezzo che mi ricorda molto la Sardegna, casa mia, quel periodo lì. Cose come “la coperta è gelata e l’estate è finita” (eravamo a fine estate, a settembre) oppure “Gli uccellini nel vento non si fanno mai male” (attorno a quella casa c’erano molti passerotti).


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Enrico Deregibus, 36 anni, risiede a Casale Monferrato. E' videdirettore de "L'Isola che non c'era", l'unico periodico dedicato alla canzone d'autore italiana e collaboratore di numerose testate fra cui Kataweb, Rockol e CNN. Ha realizzato "La Ciapa Rusa - Diario di bordo", saggio allegato all'omonimo CD del gruppo piemontese pubblicato da Folkclub Ethnosuoni.

Per Giunti ha redatto la parte biografica del volume "Belin, sei sicuro?" Storia e canzoni di Fabrizio De Andrè, a cura di Riccardo Bertoncelli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Home Page

Chi Siamo

Biografia

Discografia

Canzoni

Tour

Libreria

Fotogallery

Forum

Radio Talks

Speciali

Band

Links