RASSEGNA STAMPA - PARTE 2

Per motivi di spazio e per non rendere troppo "pesante" la pagina abbiamo diviso in due parti la rassegna stampa. 

AGGIORNAMENTO SETTEMBRE 2005

NUOVO SOUND - 7/11/1975

di Franco Schipani

Il tuo "Rimmel" sta andando veramente forte e da molte settimane resiste nei primi posti delle classifiche. Generalmente quello che decide il successo di un LP è un pubblico eterogeneo, vecchi e giovani, operai e borghesi, studenti e massaie per esempio; come spieghi che tutta questa gente, di varia estrazione sociale, età e background culturale, abbia potuto comprendere e valorizzare dei testi così ermetici e a volte astratti come quelli che tu canti?

 

Non credo che i miei testi siano così difficili come dici tu, penso invece che siano comprensibili e alla portata di tutti massaie e bambini inclusi. Non credo nella incomprensibilità dei miei testi. Anche i Beatles erano incomprensibili eppure piacevano: un certo tipo di surrealismo non è difficile, anzi...Una volta ho ascoltato una canzone degli "Alunni del sole", quella era una canzone incomprensibile!

 

Qualche anno fa era molto di moda leggere le poesie di J. Prevert come oggi quelle di P. Neruda. Non pensi di avere seguito la stessa sorte, di essere diventato "di moda", il poeta del sistema insomma?

 

C'è questa tendenza, da parte del sistema, di assunzione di determinati poeti che sono tuttavia al di sopra di ogni sospetto, è innegabile. Questo fenomeno non è però nè voluto nè facilitato da parte dei protagonisti in questione: anche a me succede la stessa cosa. E' una situzione che il potere avrà sempre in mano i mezzi di comunicazione come la Rai TV; anche io vengo inglobato e distribuito con il mio prodotto.

 

[...]

"Rimmel", musicalmente parlando, non dice niente di nuovo rispetto al precedente album. Anche i testi sono identici per forma ed ispirazione: come spieghi questo vasto consenso di pubblico, ora? Perchè non prima?

 

Trovo che la gente sia più aperta ora, più disponibile. Il pubblico si è portato ad un liverllo di ascolto un tantino più alto: se "Rimmel" fosse uscito l'altro anno e "Francesco De Gregori" oggi, avrebbe venduto quest'ultimo. In questo momento stanno vendendo tutti i miei dischi il che vuol dire che la gente accetta oggi quello che ieri non ha accettato. E' questo  pubblico che oggi influenza gli organi di diffusione perchè vuole ascoltare la mia musica, quella di Guccini e non vuole più Nazzaro. Se la radio vuole il suo alto indice di gradimento deve per forza trasmettere questo tipo di musica.

 

Non pensi che potresti diventare  tu il "Nazzaro" della situazione e restare indietro rispetto ad un certo tipo di discorso e di rapporto con il pubblico?

 

Mi auguro che possa venir fuori un artista più underground di me, deve succedere altrimenti ci fermeremmo a De Gregori. Anche io mi fermerei su me stesso. Fortunatamente sento continuamente di evolvermi.

 

Questa estate dove suonava De Gregori era tutto esaurito. E' il tuo pubblico che ti segue, hai bisogno di questo tipo di pubblico già sensibilizzato per fare i concerti o potresti suonare anche per il pubblico di Baglioni?

 

Io credo di avere lo stesso pubblico di Baglioni, non è un pubblico che mi rifiuta in partenza. Mi trovo più a mio agio con il mio pubblico è vero, ma riesco ugualmente a suonare per altri. Per i fascisti è impossibile ma per il pubblico di Baglioni è abbastanza accettabile, riesco lo stesso a farlo mio, a farmi capire. Il pubblico di Baglioni, che reputo un musicista poco impegnato ma di buon livello, non è un pubblico di deficienti...

 

E' molto di moda oggi essere un "compagno", fenomeno che crea una certa confusione a livello politico...è di moda essere vestiti in un certo modo, adoperare certi vocaboli, ascoltare determinata musica. Non pensi di essere diventato un "personaggio"?

 

C'è una tendenza a spostarsi a sinistra senza avere delle profonde convinzioni alle spalle, si diventa di sinistra perché il compagno di banco è di sinistra. Credo che sia una cosa molto bella perché a questo primo momento ne segue una profonda convinzione. Io sono comunista, non so dirti altro. Lo sono da anni. Per quanto riguarda il discorso del personaggio, non ho capito...

 

La gente che viene ai tuoi concerti, viene ad ascoltarti oppure a "vederti"

 

Si, c'è anche gente che viene a "vedermi". Il mito è una malattia difficile da guarire ma, mentre ieri andavano a vedere Morandi e ascoltavano "Fatti mandare dalla mamma", oggi vengono a vedere me e ascoltano "Pablo". Questo è tuttavia un fenomeno di scarse dimensioni per quanto mi riguarda.

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NUOVO SOUND - 2/4/1976

di Susanna Suman

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Due minuti e mezzo, il tempo di ascolatre "Ninetto" e una sciarpa di lana bianca, lunghissima, tra un cappotto e Francesco De Gregori appare sulla porta, preceduta da un sorriso luminoso e un po' timido. Com epuò, mi domando guardandolo entrare, aver capito e colto tante cosa che soltanto chi era a Sanremo quel 37 gennaio 1967 può aver sentito (ndr: il riferimento è a Festival)? E mi dico che non è facile capire Francesco, nel suo burbero mondo, fatto di tenerezza e di indifesa aggressività, più forte di chi urla, quando parla calmo e in apparenza ironicamente distaccato, più profondo, delle sue rapide immagini da collage, di chi scava lucidamente con parole chiare, ancora fino ad oggi vergine ed in un certo senso incosciente della sua responsabilità di "voce" della nuova generazione.

 

Non conoscevo Luigi Tenco, ma quella sera lo avevo visto in televisione e mi aveva fortemente impressionato la sua faccia, mi aveva turbato: così ho raccolto testimonianze, ho sentito varie interpretazioni di chi era stato lì e di chi non c'era ed ho cucito insieme, così come mi veniva, tutto quello che avevo saputo.

 

Infatti la magia di Francesco è la capacità di fermare in minuscoli fotogrammi pensieri ed immagini che la sua fantasia riesce a concretizzare e ad ingrandirli in musica, colorando anche quello che nella vita quotidiana vediamo appena in bianco e nero.

 

C'è anche, che quando scrivo una canzone ci metto dentro cose mie, riferimenti del tutto personali a cui sarebbe difficile ed irrispettoso dare spiegazioni... le mie canzoni non nascono come futuri dischi, ma canzoni mie e basta. 

[...]

Quando scrivo non mi faccio condizionare da chi un giorno mi ascolterà: quello che sento di dire lo dico e non potrei fare diversamente, non sarebbe più vero... io sono convinto che tutti possano capire e che comunque è più giusto essere sinceri anche se ci si esprime in modo "difficile", piuttosto che buttare frasi lì chiarissime ma che restano frasi e niente di più...

 

A proposito di ermetismo abbiamo ascoltato insieme il suo ultimo lavoro (Bufalo Bill) e c'è stato poco da chiedere spiegazioni.

 

Credo che se qualcuno ancora non mi capisce del tutto sia innanzitutto perché non ascolta attentamente e poi è vero che manca una cultura di massa che abitui a questo modo di esprimersi che è in fondo, il più naturale. Nella poesia e nell'arte in genere nessuno ha mai obiettato niente e l'ermetismo è stato accettato con riverenza, mentre non si accetta che si possa fare altrettanto con le canzoni.

 

Comunque i brani di questo nuovo e sospirato LP sono in un certo senso molto più accessibili dei precedenti e l'atmosfera che vi si respira è quella di un De Gregori più maturo, meno introverso e proiettato verso orizzonti più vasti...

 

E' una cosa grande pensare che queste canzoni che due anni fa cantavo per pochi amici oggi arrivano alla Hit Parade e raggiungono milioni di persone: questo vuol dire che qualcosa si sta muovendo... e parla come se fantasticasse, come se il suo successo fosse ancora a venire. Così il nostro discorso volge all'improvviso verso un passato che sembra tanto lontano, ma non lo è.

 

In fondo devo tutto a mio fratello Luigi. Ha sette anni più di me e non abbiamo mai avuto una grand confidenza, però era lui in casa che suonava la chitarra e frequentava il Folkstudio. Quando usciva, mi impossessavo della chitarra e cercavo le armonie senza sapere da che parte cominciare. Scrissi così la mia prima canzone, che parlava di un impiegato che per protesta minacciava di buttarsi giù dal Colosseo e che alla fine cadeva davvero.  A quell'epoca andavo ancora a scuola e mentre i miei coetanei impazzivano per i Beatles, io ammiravo Fabrizio De Andrè, che mi aveva affascinato fin dai suoi primi 45 giri, anche quelli che in fondo non contenevano che canzoncine. Avevamo in casa  un vecchio registratore e li incidevo le canzoni che scrivevo, per non dimenticarle, insieme a qualche canto popolare. Così capitò che mio fratello senza dirmi niente, ascoltasse e imparasse alcune canzoni, credendo che si trattasse di normale repertorio. Una sera, tornando dal Folkstudio, dove aveva avuto successo cantandole, mi chiese una per una di chi erano e dove le avevo trovate... quando seppe che erano tutte mie mi portò al Folkstudio e...il resto si sa!

 

Ancora qualche osservazione sul suo nuovo disco, che come ogni disco di Francesco De Gregori è tutto da ascoltare: ci sono dei motivi di revival anni '60 e oltre (In The Summertime, Passion Flower, O sole mio) sfumati e quasi impercettibili...

 

Ci sono sempre dei motivi precisi e nel suo insieme questo disco lo vuol dimostrare. E' molto diverso da quelli che ho fatto in precedenza e sarà diverso dal prossimo, ne sono sicuro, anche se ancora non ci ho pensato. Sono i miei momenti, è la vita. Mi chiedi perchè qui non trovi l'argomento "amore": è perchè onestamente, in questo periodo non ho avuto niente che mi stimolasse a parlarne. Io proprio non ci ho fatto caso.

 

 

IL RESTO DEL CARLINO - 29/071975

di Claudio Marabini

 

Francesco De Gregori, ventiquattro anni, romano, il cantautore maggiormente lanciato in quest'ultima stagione, considerato tra i più seri, il più serio, forse e preparato. Chiedo: E' possibile secondo lei un ritratto della gioventù di oggi?

 

Si può tentare, occorre fare riferimento al '68. Prima del '68 la scuola era apolitica e quasi del tutto a destra. Poi la situazione si è ribaltata. Posso fare riferimento anche a me stesso, nel '68 avevo 17 anni e ho fatto lo studente e basta. La mia vita sociale è cominciata dopo.

 

L'elemento politico è determinante secondo lei?

 

Indubbiamente. Oggi a 14 anni un ragazzo fa politica e questo è un progresso.

 

Politica sua o d'altri?

 

Non importa. Certo si può sbagliare, ma poi si arriverà ad eliminare gli errori. A 18/20 anni si sarà più quadrati. Conducendo presto una vita politica, il giovane d'oggi cresce democratico. Tutto sommato questa è una scuola di democrazia. Certo, c'è chi è disinformato...

 

Lei pensa che i giovani abbiano assimilato lo spirito democratico?

 

Credo si di. Parlano, discutono, c'è comunicazione.  Si è visto il 15 giugno, i giovani hanno votato a sinistra.

 

Che cosa pensa del conformismo di sinistra?

 

Esiste e nella scelta iniziale può essere determinante. Però una volta fatta la scelta non si rimane soltanto per conformismo. Si fanno delle analisi, anche severe...Va da sè che il conformismo di sinistra è sempre preferibile a quello consumistico.

 

Lei vede l'avvenire migliore dopo l'ingresso dei giovani nella politica?

 

Occorre considerare che la politica, soprattutto nei giovani è sempre una bomba innescata. ma nei giovani c'è anche riflessione. Dopo il '68 io fui molto attratto dalla contestazione rivolta contro il partito comunista. era bello, ma anche inutile...non ho fatto quel passo.

 

Pare che la nuova generazione in America pensi soltanto ad un posto di lavoro: dicono che il periodo della contestazione è oramai sepolto.

 

Può darsi.  L'America sa praticare formidabili iniezioni di conformismo. Forse succederà anche da noi. ma intanto il 15 giugno c'è stato...ed è stato in gran parte dei giovani. Ora operano nelle città, nei piccoli comuni, nella vita locale, fanno circolare le idee. E' l'unico modo per fare del cero antifascismo: parlare, muovere le idee, dare dei contenuti. E' facile condannare il fascismo, tutti lo condannano. ma bisogna operare e i giovani lo fanno. E non si sono fatti strumentalizzare.

 

Non c'è riuscito il partito comunista?

 

Sostanzialmente è stata una libera scelta. Il partito comunista fa la sua politica è il suo obbligo. I giovani traducono nella realtà la loro voglia di cambiare il mondo.

 

Secondo lei che cosa maggiormente non funzionava nel mondo che fu di suo padre?

 

La mancanza di comunicazione...da cui l'autoritarismo. Non si discuteva, non si elaborava. Oggi non è più così, per cui penso che un fenomeno come il fascismo non sia più possibile.

 

Padri e figli oggi parlano di più?

 

Credo di si!

 

E' sposato o pensa di sposarsi?

 

No, per ora no.

 

Vorrebbe dei figli?

 

Non so...sarei curioso d'averne. Chissà, forse sarei un padre repressivo.

 

Suo padre è comunista?

 

No!

 

Cosa pensa della vita morale dei giovani, del loro comportamento

 

La morale è una cosa che evolve come tutte le cose...penso, per esempio, che la morale sessuale che i giovani seguono sia giusta.

 

Ne è certo? E poi qual è esattamente questa morale sessuale?

 

Le ragazze sono più libere, la coppia è più libera. C'è una maturità superiore. Un rapporto diverso col mondo...e se Dio vuole il gallismo italiano è diminuito.

 

Che cosa pensa del sentimento religioso dei giovani. C'è un problema religioso in loro?

 

Non mi pare sia un problema molto sentito...c'è un evidente abbandono della religione tradizionale. E' anche un effetto dell'analisi politica. E del resto cosa può pensare un giovane di un'organizzazione religiosa che vieta la pillola? C'è però una ricerca misterica e anche la droga può essere vista in questa chiave...e anche l'astrologia. Sono sprazzi di qualcosa che forse non può essere razionalizzato. Certo in maggioranza la gioventù è atea, i libri che i giovani leggono non contemplano questo problema. ma bisogna sottolineare che la religione cattolica non s'è rinnovata, non ha capito il cambiamento che è avvenuto.

 

Cosa leggono i giovani?

 

Mah...ci sono i due poli estremi: c'è l'evasione di "Linus" e del "Corriere dello sport" e c'è chi ha letto tutto "il Capitale", non leggono libri di religione di sicuro...

 

Perchè voi cantautori in genere offrite al pubblico una immagine personale così dimessa, triste, affranta quasi?

 

Forse perchè cantiamo cose vere. Di sicuro non abbiamo l'aspetto di Claudio Villa quando cantava "Granata", che sembrava il ritratto della salute! Ci sono tanti problemi oggi è uno li vive...

 

Di cosa parla nelle sue canzoni?

 

Delle mie esperienza, politiche, amorose esistenziali...

 

Che messaggio cerca di dare?

 

Nessun messaggio, io non voglio dare messaggi, produrre manifesti. Sono uno come tutti e credo che questa sia la ragione se ho avuto un certo successo.

 

Non avverte di essere come un modello quando è d0avanti al pubblico, di incarnare un certo personaggio?

 

Forse si, ma dipende dal pubblico ed è un suo errore. E' l'effetto del vecchio rapporto suo con chi canta. Comunque non vengo assalito per gli autografi, se Dio vuole, mi si chiedono soltanto spiegazioni...non esiste un rapporto divistico, ecco, ma di comunicazione.

 

Che studi hai fatto?

 

Il liceo...

 

Cattivo ? Come quello di De Andrè?

 

No, ottimo, ho avuto buoni insegnanti.

 

Poi?

 

Poi l'Università, lettere e filosofia, con la laurea a portata di mano in Storia contemporanea.

 

Con chi?

 

De Felice, ora col fatto che canto ho un po' lasciato gli studi e da qualche tempo non lo vedo...e ho paura di incontrarlo eheheh...

 

Ha seguito la recente polemica sul fascismo? Che ne pensa? E di De Felice in particolare?

 

Stimo moltissimo De Felice. La recente polemica su quel libro di De Felice, quell'intervista dimostra soltanto lo snobismo di sinistra. Conosco i libri di De Felice, so come lavora, so che fa la storia coi fatti e basta! Può essersi affezionato al tema Mussolini e il fascismo, ma il rigore non gli è mai venuto meno. Questo è il vero antifascismo: indagare e raccontare le cose come stanno.

 

Qual è l'argomento della sua tesi?

 

La politica culturale durante il fascismo: il funzionamento delle biblioteche, per ewsempio, certi istituti...

 

Quali sono le tue letture preferite?

 

Amo moltissimo Buzzati, Kafka, D'Annunzio

 

D'Annunzio??

 

Si, mi sembra un grandissimo poeta. E amo Joyce che mi ha aiutati molto nei mie testi.

 

Quale Joyce?

 

L'"Ulisse", per esempio. Per il modo di frazionare la realtà oggettiva, di mischiarla coi fatti mentali. Anche io cerco di fare associazioni libere: sembrano oscure, ma poi mi accorgo che quadrano

 

Perchè ha cominciato a scrivere canzoni?

 

Volevo scrivere poesie, poi mi resi conto che era improduttivo. Quanti leggono la poesia? Mi parve che la canzone fosse il tramite più adatto per arrivare anche alla gente che non legge.

 

 

 

NUOVO SOUND - dicembre 1979

di Nicola Sisto

 

Fisso il mio incontro con Francesco De Gregori in una delle ultime giornate di ottobre, in cui il pallore di un sole teneramente fiacco si materializza in un diffuso tepore e la sensazione che li accompagna mi fanno subito pensare che appena un mezz'ora prima ho provato lo stesso stato di avvolgente benessere e rilassatezza ascoltando "Viva l'Italia". Sistemo il registratore in uno degli uffici della sua casa discografica e dopo neanche un minuto il dolce, impacciato pivot della musica italiana compare in tutto lo splendore che il suo zucchetto di lana calcato sulla testa gli conferisce. Gli comunico la mia impressione di prima e mostra di gradirla moltissimo, la prende anzi come spunto per avviare la nsotra conversazione.

 

Con tutti gli scongiuri e le formulette propiziatorie del caso, devo dire che questo per me è un periodo molto fortunato, di notevole calma interiore. E' logico che il disco, trattandosi di canzonette, cioè di qualcosa che bene o male è legato con la mia vita, anche quella di tutti i giorni, sia un po' lo specchio di questo spirito.

 

Ami spesso "rubare" questa frase di Jannacci "trattasi di canzonette", per parlare delle tue cose. Tre o quattro anni fa ti saresti ben guardato dall'attribuire una definizione del genere ai tuoi lavori. Cosa è cambiato?

 

Cambiato nulla; direi piuttosto che ora ho molto più senso della realtà rispetto ad allora. Bada bene comunque che sia io che Jannacci non usiamo la parola "canzonetta" in senso dispregiativo come spesso si fa, è un modo affettuoso per definire una forma di espressione che ha i suoi evidenti limiti, di cui oggi mi rendo completamente conto, che rimane in una posizione di indubbia inferiorità rispetto alla nobiltà del teatro o del cinema.

 

Veniamo al pezzo centrale dell'album: Viva l'Italia. E' la prima volta che si assiste in te ad una narrazione cronologica, ad un qualcosa che abbia un filo unitario. Hai rinunciato alla complessità di certi testi dove spesso quattro o cinque storie parallele si incrociavano, si accavallavano in un crescendo un tantino schizofrenico?

 

Immagino che tu intenda riferirti al primo verso "l'Italia liberata" e ad uno degli ultimi "l'Italia del 12 dicembre". Effettivamente in mezzo ci sono 25 anni di storia narrati non a date ma a situzioni, ad immagini significative del nostro paese. Se il tutto risulta perfettamente comprensibile sarei portato a  dire  che in me c'è stata effettivamente una maturazione, una evoluzione, un positivo approccio con la chiarezza. Eppure c'è gente che mi muove ancora le antiche critiche di ermetismo. A questo punto oltre a dare ragione a te devo necessariamente dare ragione anche a loro, che i loro motivi per farmi questi appunti devono averne sicuramente di buoni: signore  e signori, volete sapere cosa rispondo a tutti quanti? Che il Francesco De Gregori di "niente da capire" o di "Arlecchino" è lo stesso di "Viva l'Italia" , niente è cambiato. Se il mio linguaggio era incomprensibile, falso, a volte liceale allora, lo è anche oggi e viceversa. Ogni discorso poi è relativo dal punto di vista sotto il quale la canzone può essere recepita. Ad esempio non tutti hanno fatto attenzione a questa cronologia di cui tu parlavi, ma questo non significa che il pezzo non sia ugualmente "arrivato". E' arrivato per la musica, per il modo di cantare, per una sfumatura....il testo non ha poi questa enorme importanza.

 

E' vero che il disco a cui sei più affezionato è "Bufalo Bill"?

 

Si amo molto quell'album. Un po' perchè è quello che ha avuto una sorte di vendita veramente infelice, un po' perchè ritengo "Bufalo Bill" ci siano le canzoni più rigorose che abbia mai scritto. E poi anche perchè so che se potessi rifarlo adesso, con le stesse canzoni, lo rifarei molto meglio dal punto di vista strumentale e realizzativo. Ho quindi un po' rimpianto di averlo buttato via così: considera che lo registrammo e lo missammo in una settimana.

 

Invece di andare a registrare in America, hai fatto venire tu l'America in Italia, parliamone.

 

Bene, io avevo incontrato Andrew Loog Oldham qui a Roma in maggio e si era deciso di lavorare insieme per il mio prossimo disco. In un primo tempo il progetto era molto ambizioso: avrei dovuto addirittura registrare in varie parti degli Stati Uniti a seconda della sonorità o del genere musicale di ogni pezzo. Io pur essendo affascinato dalla proposta non ero troppo convinto, avevo un po' di paura di lavorare in America, paese che amo come turista ma non direi troppo per motivi professionali. Andrew si è accorto immediatamente di questo stato d'animo e per la paura che potessi perdere la mia italianità e soprattutto la paura che facessi la figura dell'emigrato, immagine che danno instintivamente i miei colleghi che vanno là, ha preferito dirottare il tutto a Roma. I risultati...beh questo è compito tuo.

 

Riusciresti a mettere delle piccole didascalie sotto ad ogni brano di "Viva l'Italia"?

 

E' la cosa più difficile che potessi chiedermi. Mah, si va dalla prima facciata che è un po' all'insegna del viaggiare, dalla dimensione esplorativa "Buenos Aires", 2Eugenio" (che è la storia vera di un mio amico), alla seconda che invece contiene canzoni "ferme", ognuna aggrappata ad un suo problema preciso. Dalla storia della ragazzina che va a Roma a cercare fortuna, a "Gesù bambino", una letterina ferocemente ingenua scritta da un bambino per Natale, a "Terra e acqua", una preghiera, un autocompiacimento della propria situzione di disagio, di solitudine, di frustazione.

 

 

 

TUTTO MUSICA & SPETTACOLO - 1992

di Peppo Delconte

 

In quest'Italia dei sistemi che crollano e della rabbia che monta, che posto c'è per le canzoni d'amore? Se sono quelle di Francesco De gregori c'è posto, eccome. L'album subito in testa alle classifiche e quattrotrionfali concerti in grandi città dimostrano senza dubbio che un nuovo pubblico si è unito allo zoccolo duro dei vecchi fans. Francesco non ama sentir parlare di svolte, ma qualcosa di speciale ci deve essere per realizzare simili conquiste...

 

Non sono mai riuscito a vedere delle svolte nel mio lavoro. In un certo senso hanno ragione quelli che dicono che non c'è mai niente di nuovo in quello che faccio. D'altra parte non credo che per un artista il primo dovere sia quello di differenziarsi dal suo passato, anzi il primo dovere di un artista  è di essere coerente con i suoi ritmi creativi, di non forzarli mai nè in un senso nè in un altro, nè sforzandosi di somigliare a se stesso nè, al contrario, cercando artificiosamente chissà quale tipo di rinnovamento. Certo questo ultimo disco sembra più impiantato nei nostri tempi, sia dal punto di vista musicale, che dal punto di vista, diciamo così, "letterario"... E' un discorso di sintonia con i tempi. Il pubblico, i ragazzi, hanno scoperto in quest'ultimo mio lavoro delle canzoni di cui parlare, sulle quali unirsi o dividersi, o da cantare insieme...insomma delle canzoni da usare. Tutto qui.

 

Nelle tue "Canzoni d'amore" si trovano molte cose amare, persino crudeli. Eppure non è mai un disco cupo; è pieno di rabbia vitale e di musica trascinante. Qual è il segreto?

 

Questo disco non lancia messaggi, non regala certezze nè incertezze: te l'ho detto, sono canzoni da usare (magari da non gettare!). Non è cupo perché nessun disco dovrebbe esserlo: guarda l'ultimo disco di Lou Reed: parla della morte di due suoi amici e tutto è meno che cupo. Certo se vuoi parlare di certe cose non puoi avere un tono leggero. La verità è che ho chiesto a Vincenzo Mancuso di produrmi un disco che avesse un suono brillante, argentino. Gli ho detto: "Vincenzo tu lo sai, certe canzoni non sono proprio allegre, ma la gente che le sentirà alla radio non deve precipitarsi a cambiare frequenza". E in questo lui mi ha capito ed aiutato.

 

Il tuo destino è davvero particolare: nella tua prima stagione (quando era di moda troppo impegno) ti accusavano di essere troppo poco impegnato: nella stagione del disimpegno gridavi nel deserto "la storia siamo noi". Adesso, dopo la caduta dei muri e delle utopie, ti auguri di continuare a viaggiare e di trovare nuovi sogni da mettere al posto di quelli tramontati. L'importante è forse andare sempre controcorrente?

 

L'importante non è andare controcorrente, ma seguire la propria strada artistica senza preoccuparsi se si è di moda oppure no; senza drammatizzare né l'apparente insuccesso; senza sentirsi nè troppo incompresi quando fai uscire un disco come "Terra di nessuno" nel pieno del clima edonistico degli anni '80 né troppo sulla cresta dell'onda quando canti "Chi ruba nei supermercati?" in pieno clima "Di Pietro". la verità è che tutte le canzoni, sfuggono, sono inafferrabili: non le puoi schedare, nè archiviare in nessun modo; non sono né controcorrente né in favore di corrente; sono semplicemente sopra la corrente.

 

E' davvero possibile per te che la tempesta che stiamo affrontando riesca ad avvicinarci di più? In tutti i sensi, padri e figli, nordisti e sudisti, bianchi e neri...

 

Come tutti non so nulla della "tempesta che si sta avvicinando" come dici tu. Però credo che coloro che hanno portato questa nave , questo Paese, al centro della tempesta, non possano pretendere un mandato di fiducia per continuare a darci la rotta. Credo anche che in questa confusione, in questo smarrimento, ognuno di noi dovrebbe cercare di fare emergere in sé i caratteri della tolleranza e dell'incontro  anziché dello scontro: del lavorare insieme per qualcosa, anziché divisi contro qualcosa. Mi rendo conto che può sembrare un discorso da libro Cuore, ma ci sono dei momenti in cui solo il cuore sembra poter accorrere in aiuto della ragione.

 

 

L'ESPRESSO - 14/11/02

di Roberto Cotroneo

 

...un disco del tutto particolare, suonato, arrangiato e cantato con Giovanna Marini, figura carismatica della canzone popolare italiana. Giovanna e Francesco, così è firmato il disco - hanno interpretato assieme il fischio del vapore: 14 canzoni della tradizione popolare della sinistra italiana. Prodotto e registrato in uno studio assai particolare, la casa del cantautore romano. Un disco fisiologico, certo, ma anche un segnale politico preciso. Non è così, De Gregori?

 

Non credo a queste cose. Quando fai un disco devi poi valutare la parte sonora, non devi valutare l'apsetto culturale o l'aspetto programmatico di quello che fai, se un pezzo suona bene, va bene. Il risultato deve essere la musica, quello che ascolti. Non la politica.

 

Ma la politica poi c'è però. E' uno dei risultati. L'impegno, insomma.

 

Ma non è a quello che penso.

 

Senta, De Gregori, in questo disco avete inciso canzoni come "I treni per Reggio Calabria, "Lamento per la morte di Pasolini", "Saluteremo il Signor padrone", "L'attentato a Togliatti", "Sacco e Vanzetti". Non è solo musica. Come nasce l'idea di fare un disco con Giovanna Marini?

 

Da L'Attentato a Togliatti. La cantavo come bis nei miei concerti. Ma avevo un problema di diritti, a chi dovevo pagarli? Chiamai Giovanna, che è un'autorità assoluta. E parlando con lei, ci è venuta l'idea di fare questo disco.

 

Che in questo momento assume un significato particolare. In questa nuova Italia movimentista, erano anni che un autore importante non incideva un disco che ha il sapore degli anni '70.

 

 Io non so se ha il sapore degli anni '70. Quello che posso dire è che queste canzoni parlano del popolo. Sa cos'è, secondo me, che può racchiudere tutte le narrazioni di questo disco? Un discorso sull'innocenza. Questo disco parla di innocenti. Perché alla fine sono innocenti Sacco e Vanzetti, è innocente Pasolini, sono innocenti le mondine. Che poi innocenti voglia dire di sinistra....

 

Non è un dettaglio da poco

 

Certo, capisco che non si può fare un paragone tra la spedizione in Albania della prima guerra mondiale e il pacifismo di oggi. Ma una guerra non voluta è pur sempre un discorso attuale. Sarebbe stato diverso però se noi avessimo messo dentro il disco canzoni come "Contessa" o "La ballata di Pinelli", canzoni che sono ancora nell'aria.

 

"Contessa" è ancora nell'aria?

 

Beh devo dire una cosa. Il '68 mi sembra l'altro ieri. Eppure sono passati 34 anni.  Ma nel '68 non mi sembrava affatto che la guerra di Abissinia, di 32 anni prima, fosse l'altro ieri. Eppure gli anni, la distanza era la stessa.

 

Perché è avvenuto questo?

 

Aveva ragione Pasolini quando scrisse: "ci hanno distrutto, ci hanno ammazzati", era incazzatissimo. Vent'anni di fascismo non hanno fatto quello che hanno combinato anche soltanto cinque anni di consumismo. Eravamo nel '75 quando lui lo disse forte, proprio in quell'intervista famosa, prima di morire. Il consumismo ha cancellato le distanze, il senso della storia, ha appiattito ogni cosa.

 

Un'affermazione forte.

 

Ma è vera!

 

Farà polemica.

 

Sono abbastanza distante dalla polemica e dalla politica.

 

Ma a San Giovanni lei era sul palco, alla manifestazione. Lei è sicuro che questo vuol dire essere distanti dalla politica?

 

Io ci sono andato perché ho letto quella manifestazione come una protesta contro la legge Cirami. Per la legalità. Quindi, la mia partecipazione è stata fondamentalmente legata a questo.

 

Tutto qui?

 

Ma no, io ho la sensazione che la gente voglia partecipare. Però ho anche una paura: quella che la politica, soprattutto da parte dei giovani, venga vissuta solo nei momenti delle manifestazioni. Che venga un po' saltata invece tutta la parte, logicamente più noiosa della politica, meno appariscente, che è quella che si fa lavorando semplicemente, iscrivendosi ad un partito. Quello che era la sinistra di una volta. Insomma, se tutti quelli che portano la bandiera di Che Guevara fossero anche in grado di capire che la politica si fa e si gioca anche all'interno dei partiti...

 

Un De Gregori dalemiano...

 

Non lo vedo più da anni, l'ho conosciuto 15 anni fa. Mi ha dato l'impressione di un uomo timido, che la sua freddezza nasca non dall'arroganza, ma l'arroganza è quella che lui tira fuori per nascondere timidezze di fondo. Dopo di che le giuro che tutte le diatribe interne al Pds e ai Ds le ho seguite sempre con minore fascinazione, con noia spaventosa.

 

Meglio i movimenti?

 

Ma, i girotondi...con la politica io mi sento abbastanza sprovveduto, s enon per quanto riguarda la mia partecipazione emotiva a concorrere ad un'Italia migliore ad un'Italia più onesta, più giusta, in cui siano difesi i più deboli.

 

Adesso mi diventa idealista?

 

Appassionato semmai, Guardi, aspiro anche a un paese più chiaro: sono perfettamente cosciente che, al contrario, il governo non persegue interessi politici, ma persegue interessi di altro tipo, personali. vagheggio anche una vera destra, una destra per bene.

 

Forse quella dovrebbero vagheggiarla quelli di destra...

 

Viviamo in una democrazia, per cui bisogna prevedere l'esistenza di una sinistra e di una destra. Poi, se sei di sinistra fai il tifo per la sinistra. Come il derby: devi prevdere che ci sia la Lazio, non puoi pensare che si giochi il derby solo con la Roma.

 

Si, ma poi sarebbe il caso di vincere 4 a 0

 

Purché la partita sia regolare, che ci sia un arbitro credibile e che la Lazio faccia gli interessi della Lazio. Preferisco non essere governato da una destra, ma se ci deve essere la destra, che sia una destra!

 

Meglio i democristiani di una volta?

 

I democristiani di un tempo avevano il senso dello Stato. Ma non mi faccia parlare troppo di politica...

 

Torniamo alla musica, alle sue canzoni. Un giorno mi ha detto che ci sono delle sue canzoni che non ama.

 

Ah già, si

 

Vogliamo stupire i suoi fans?

 

Può succedere. "La leva calcistica...": è una canzone che in qualche modo io reputo falsa. L'ho scritta pensando: adesso faccio questa bella parabola del ragazzino del '68, era molto costruita. Oggi non la suono più neanche ai concerti. Ne vuole un'altra? Un'altra canzone con cui ho quasi gli stessi problemi è "La Donna Cannone". E' una canzone ingombrante.

 

Mi salvi almeno Generale. Adesso la canta pure Vasco Rossi

 

Bella, molto bella, mi piace molto l'interpretazione di Vasco.

 

Non la pensavo così vicino a Vasco Rossi. In realtà De Gregori si associa di più a Fabrizio De Andrè.

 

Se non c'era De Andrè, non avrei mai cominciato a scrivere canzoni. Poi riuscimmo persino a litigare. Alla fine degli anni '70 con De Andrè andammo a fare un viaggio in Canada. Mia moglie Chicca, io, Fabrizio e Dory Ghezzi, che si erano appena messi insieme. Un po' come io e Chicca, che ci eravamo appena fidanzati. Sa, questi viaggi che parti con grande entusiasmo. Poi in realtà il viaggio, chiaramente è una cosa che può provocare grandi scontri, grandi incomprensioni.

 

Cosa accadde?

 

Fabrizio soffriva molto di una cosa, che eravamo in Canada a Toronto e lì si parla inglese. Lui era convinto che si parlasse francese. Poi io guidavo la macchina, perché avevo la patente e lui no. E se bisognava chiedere una indicazione, una cosa, al ristorante, per forza di cosa, la chiedevo io...

Questa cosa gli provocò una specie di ingelosimento. Un giorno tornò in albergo e disse: "Guarda cosa mi sono comprato". Tira fuori un Winchester con le pallottole. Io dico: si, ma che ci devi fare, noi dobbiamo viaggiare". Poi lui voleva guidare la macchina, senza averne la patente. L'avevo noleggiata io, se per caso andava a sbattere...

Insomma alla fine litigammo. Ci separammo in un'isola, mandandoci a fanculo. Loro rimasero là e io proseguì con Chicca, prendendomi la macchina. Dopo di che non ci siamo più sentiti, fino a quando non l'hanno rilasciato, dopo il rapimento. Allora ci siamo riappacificati.

 

Ha anche una storia divertente con Claudio Baglioni...

 

Quella è una storia ai confini della realtà, Dopo un pranzo in un ristorante nel centro di Roma, ci mettemmo a suonare sulla piazzetta al Pantheon. Pensammo: adesso succederà un casino. Speravamo che qualcuno si fermasse e invece non si fermava nessuno. Eravamo nel periodo di massimo fama, nel 1975. Noi cantavamo le nostre canzoni e la gente passava come se niente fosse.

 

 

 

Il VENERDì di REPUBBLICA - 25/03/05

di Paola Zanuttini

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C'è ancora un po' di neve sulle montagne, ma la primavera se ne infischia e comincia le grandi manovre. Francesco De Gregori contempla, soddisfatto di abitare sempre più in campagna. Dove produce olio e canzoni, visto che oltre agli ulivi ha impiantato uno studio di registrazione. Pezzi, un cd che non sembra tanto in linea con la serenità del paesaggio è nato qui. << Niente iperboli ed ellissi poetiche>>, così è stato presentato e anche questo è un po' sconcertante perché già dalla prima canzone, "Vai in Africa, Celestino", invettiva sul mondo che va in pezzi, ci si potrebbe chiedere chi è questo celestino.

 

Il riferimento è scolastico, dantesco, volevo parlare un po' del mio rapporto con la politica: Celestino V, il Papa del gran rifiuto, che rinunciò al soglio pontificio, lo rappresenta. Un personaggio che cerca di darsela a gambe dallo sfacelo e va in Africa. E' una canzone sull'antinferno e il libero arbitrio. Sarà troppo colto? Libresco? Perchè mi accusano da anni di scrivere come un liceale. Ma non è una vergogna che ti continui a ronzare in testa un po' di Dante.

 

Giusto, ma poteva sembrare anche una storia privata, lei ha scritto altre volte di amici partiti chissà dove.

 

Quando scrivi non c'è mai un intento programmatico, rigido: interviene qualcosa che ti prende la mano, quando è arrivata l'idea di Celestino l'ho cavalcata.

 

C'è una canzone molto bella a partire dal titolo: "Gambadilegno a Parigi". Non è quello di Topolino?

 

No, ma anche a me piaceva lo spiazzamento romantico di questo personaggio solare, goffo, simpatico, trasportato a Parigi. E' una delle poche canzoni che si può spiegare: gambadilegno è un reduce, un mutilato di guerra che va a Parigi a cambiarsi la protesi. Inciampa per strada, prende un taxi, ma si deve sedere davanti perché dietro non c'è spazio. Però vede come si impoverisce a spiegarla?

 

Non si impoverisce per niente. Reduce di che guerra?

 

Forse il Vietnam. Non la Seconda Guerra Mondiale, per noi è troppo remota, nè più attuale, perchè la sua ferita è rimarginata da tempo. E perché è pieno di ricordi, ripensa al suo dopoguerra sul lungomare, alle donne che ha incontrato, a un compleanno. E sogna Atene, città affascinante, culla della democrazia, della filosofia: noi siamo nati lì.

 

In Tempo reale dice anche che preferirebbe non rinascere in Italia.

 

Una frase troppo dura?

 

Non è tanto questo, ma dove vorrebbe rinascere?

 

Ad Atene o a Stratford-on-Avon.

 

Anche Shakespeare è un classico

 

Sono due posti bellissimi. Di Atene mi piace anche la parte moderna e persino lo smog. ma tanto non si può rinascere e nel caso capitasse non si potrebbe decidere dove. la canzone è molto diretta, niente è campato in aria e purtroppo c'è una corrispondenza con quello che succede in questo paese. ma dietro ogni invettiva c'è un amore sostanziale.

 

Come in Viva l'Italia?

 

Beh quella era una canzone del 1979 e c'erano due Italie o almeno io credevo ingenuamente che ci fossero: quella buona che scendeva in piazza contro le Brigate Rosse, opposta a quella dei servizi deviati. Oggi, questa parte buona non la vedo più.

 

Ma neanche allora era tanto ottimista.

 

Non si perdona alla musica leggera che sia lo specchio di una realtà drammatica: ma perchè deve sempre far sorridere, rasserenare? E comunque le cose sono molto cambiate: la nostra generazione è venuta su convinta che la pace fosse una cosa normale. magari per ignoranza nostra o perché  nessuno ci aveva detto che in Africa e in molti altri posti si scannavano, ci credevamo. Quindi il Vietnam fu uno choc. Oggi invece ci siamo abituati a convivere con l'idea della guerra, anche se la chiamano missione di pace. Siamo abituati al fatto che ci siano soldati italiani nelle condizioni di sparare. E di essere sparati!. ma avere ancora voglia di raccontare ciò che vedo è un segnale che non sono dannatamente privo di speranze.

 

Tempo fa è uscito qualche articolo in cui si faceva intendere che si era spostato un po' a destra.

 

Avevo detto semplicemente che il mio essere di sinistra non è un'appartenenza. Cioè, non mi sento in obbligo di esserlo, lo sono di conseguenza: non è un precetto, ma una verifica di tutti i giorni. E in questa verifica ci sono cose che mi piacciono e altre di meno.

 

Per esempio?

 

Ho letto un libro di un australiano che si chiama Robert Hugues "la cultura del piagnisteo": sfotte il politicamente corretto, che una certa sinistra cavalca fino a sfinirci. Prendiamo un caso che mi riguarda, la crociata contro i fuoristrada: dicono che inquinano, quando fanno meno guai dei motorini e degli autobus. Io che vivo in campagna e ho il fuoristrada mi sento offeso personalmente, penso che verso queste automobili ci sia un odio più che altro estetico. Perché di solito hanno a bordo persone vistose, con mezzo chilo di orologio al polso.

 

Può anche darsi, ma neanche lei è tenero con la volgarità che avanza.

 

Assolutamente. La cattiva educazione ha conseguenza devastanti. Tutto nasce da lì. Lo sostengo a rischio di passare per vecchio snob.

 

Il pericolo c'è, effettivamente. E di chi è la colpa: genitori o scuola?

 

Della scuola, che dovrebbe formare i cittadini dove la famiglia non arriva.

 

Così si inimica i professori, i suoi grandi fan che volevano mettere "Alice" o "Generale" nei libri di testo.

 

Non mi è mai piaciuta questa storia. Però dietro la voglia di contrapporre i due generi c'è una consapevolezza: la canzone non sarà poesia ma è letteratura, come il cinema e il teatro. E tutte le canzoni lo sono, perché testimoniano questo tempo e fanno cultura, in senso lato.

 

Quelle di De Andrè la fanno anche in senso stretto. Eravate amici, un disco insieme, Volume VIII, nel '75, eppure lei non c'era a Genova per l'omaggio che i musicisti italiani gli hanno tributato.

 

A Genova non mi hanno invitato e ci sono anche rimasto male. Però è vero che mi imbarazza quello che avviene post mortem nel mondo della musica leggere: a volte si esagera, sconfinando nella necrofilia. In queste situazioni si esprimono prevalentemente banalità. Fabrizio le odiava e io sono un suo seguace. Non sono stato neanche al funerale.

 

In cosa sente più la sua mancanza?

 

La voce. Lui non ha scritto neanche tanto, ha collaborato con molti autori è stato soprattutto un grande organizzatore di materiali culturali, da Spoon river ai vangeli apocrifi, ma unificava tutto con quella voce straordinaria. la prima volta che lo ascoltai fu una folgorazione, Fabrizio era anche una persona difficile, ma molto generosa, soprattutto con i giovani. Quando capitò al Folkstudio e mi sentì cantare, mi riempì di complimenti, mi voleva portare nella sua casa discografica. Non era uno reticente.

 

In trent'anni di carriera avrà cantato migliaia di volte le stesse canzoni, risposto migliaia di volte alle stesse interviste: mai avuto botte da matto?

 

Una volta. Agli esordi. Nel '73 per la conferenza stampa di "Alice non lo sa", ci fu una festa in una villona. Mangiai molti tramezzini e bevvi ancora più bicchieri, poi mi misi sul divano per rispondere ai giornalisti. Uno mi chiese qual era il mio tipo di donna ideale: dissi che mi piacevano gli uomini. Forse non ero stato abbastanza spiritoso io o forse non lo fu lui, ma lo scrisse. E il giorno dopo mio padre lo lesse. Un brutto momento.

 

Lei aiuta gli aspiranti esordienti?

 

Non me lo chiedono, s'è sparsa la voce. Il talent scout non è il mio mestiere, devi nascerci. E' statisticamente, nelle cassette che ti arrivano a casa per posta non c'è niente di buono. Chi ha talento trova anche la strada per farsi ascoltare.

 

Il genio incompreso è un'invenzione?

 

C'è sicuramente chi fatica tantissimo per raggiungere quello che ho raggiunto io, nato a Roma, con il Folkstudio a venti metri da casa. Chissà come andava se capitavo a un altro indirizzo. Chi può dirlo? C'è la predestinazione, il libero arbitrio.

 

Ma lei non era agnostico?

 

Sempre meno e non sono così laico da pensare che tutto è alla mia portata, che sono io il fabbro della mia fortuna. Forse intervengono altre cose misteriose.

 

Il governo Berlusconi è figlio del libero arbitrio o della predestinazione?

 

E' un governo questo? Il capo sembra farsi solo gli affari suoi. Quando all'inizio si parlava di regime mi sembrava il solito piagnisteo, invece questo è regime.

 

Magari strisciante...

 

Infatti. E' un regime non perchè s'impedisce all'opposione di svolgere il suo ruolo in termini democratici, ma perchè nella maggioranza strisciano tutti. Nessuno lo contraddice: abbiamo dovuto sperare pure in Follini. E Bossi che candida il figlio: siamo tornati al feudalesimo!.

 


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